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IL BUON CUORE 357


cessi condotti da più infami giudici. E Nazioni intere vide, e popoli conculcati, dispersi, perchb rei di volere le loro terre libere dallo straniero tiranno, e città distrutte, e opere di meravigliosa bellezza d’arte ridotte in rovina.... Guardò ancora, e vide un brulichio di viventi, ma orribilmente sfracellati, deformi, acciecati, mutilati, miserabili tronchi senza quasi più apparenza umana, e li udì gridare con voci rauche, cavernose: Maledetto! Sotto il peso della maledizione del mondo, di quella maledizione universale di vivi e di morti, l’imperatore ebbe paura, e volle rivolgersi a Dio come a difesa, ad esigerne l’aiuto. E pensò nel suo barbaro orgoglio: E’ la Notte di Natale, Dio è con me! Ed ebbe davanti agli occhi suoi la mirabile visione di Betlem. In miseri pannolini, su poca paglia, il Pargoletto Divino sorrideva alla Madre, agli Angioli ed ai pastori semplici e buoni. L’imperatore schiudeva il labbro alla preghiera dell’antico Fariseo: Signore, io non sono come i Pubblicarli; io prego nel Tempio e digiuno... Ma il Divino Pargoletto lo guardò severo e minaccioso, e la visione disparve. Al suo posto si delineò un altro quadro: Maometto, il sozzo Profeta dell’Islam, in una scialba luce, soddisfatto, guardava l’imperatore cristiano e lo invitava e diceva: sei mio!

Sempre più forte, intanto, sempre più terribili, come urlo d’uragano, dagli abissi del cielo, dai gorghi profondi del mare, dalla infinita distesa della terra, da vivi e da morti, le voci gridavano: Maledetto! Maledetto!.... Sempre più angosciato, terrorizzato, madido di sudore freddo, 1:imperatore, o vecchio decrepito o ancora nel vigore degli anni, non so, agitavasi convulsamente sotto le coltri, e cercava il risveglio, per liberarsi finalmente dal sogno spaventoso, da quell’incubo di spasimo. Un urlo di disperazione gli rantolava nella strozza, ma non poteva urlare; sof focava, quasi il capestro gli serrasse la gola come a tante vittime della sua ferocia imperiale, della sua sete di dominio e di sangue; pareagli che mille colpi di fucile gli squarciassero il petto come a tante pure, • innocenti vittime sue!... Ed il risveglio verrà! Ma quale sarà il tuo risveglio, o superbo, o maledetto per sempre, finchè la storia ripeterà agli uomini la tua infamia, quando, chiusi appena i truci occhi tuoi al sonno della morte, li riaprirai nel Risveglio che ti aspetta terribile, eterno al di là della tomba?.... Firenze

ELISEO BATTAGLIA.

SI monito ai un grande In quest’ora tragica che si è abbattuta sulla terra e sugli uomini, mentre il fiore della nostra gioventù combatte ai confini della patria e le donne lavorano e pregano in silenzio, e molte piangono, e tutte implorano vicina la fine vittoriosa del tremendo conflitto — in quest’ora di prova, mentre forse s’abbatte il cuore e vacilla il coraggio, più che le povere parole che io potrei dire valga a sostegno della nostra fede ciò che uno dei nostri più grandi cittadini, Cesare Correnti scriveva il 13 novembre del 1850. Le circostanze si riproducono simili a quelle, ma avvalorate dagli avvenimenti di più di mezzo secolo, rinsaldate nel magnifico risveglio della coscienza nazionale. Cesare Correnti le scriverebbe ancora. Eccole: «La guerra! Orribile, immane, anticristiana cosa è la guerra. Eppure oggidì una tremenda concordia di popoli desidera, invoca, sospira la guerra; tanto è odiosa e mortale una pace che dimezza le anime, che violenta la ragione, che misurando avaramente alle nazioni l’aria e la libertà, le condanna ad una «lenta agonia di soffocazione. Ecco perchè i popoli vogliono la guerra. Sanno troppo bene che la guerra vuol dire incendio di città, devastazione di provincie, sterminio di innocenti, strage di inermi, sangue e denaro di popolo, ma fiat»stilla e I pereat mundus. Si faccia questa grande giustizia e non sia più «una vergogna appartenere alla razza umana!». NEERA. ~0.0"..p