Pagina:Il canapajo di Girolamo Baruffaldi, Bologna 1741.djvu/44

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D’un piè di terra penetri, e ricavi,
350E come pasta da coltel recisa
Due piedi almen lungi da se la vibri,
E dal colpo si stritoli, e sfarini.
Caggiono in tempo tal (perché non puote
Quanto ricava abbracciar mai la vanga)
355Caggiono in tempo tal, briciole, e gromme
Nel solco fatto, e il prode vangatore
Col medesimo ferro ha da ritrarle,
Sicchè sia ’l taglio ognor pulito, e terso
Come canal, che per ruscel sia puro.
360Rinculando così di filo in filo
Giusta la presa via vedendo andrai
Sempre terra novella alzar la cresta,
E dir (se mai possibil fosse udirla)
Anch’io d’esser feconda ho disianza,
365Anch’io sospiro di vedere il sole.
Il tempo è questo di sterpar da quella
Sommossa terra tutta la nodosa
Importuna gramigna, e al foco darla,
O a l’inerte asinello, che l’aspetta.
370Ha i suoi giorni quest’opra, e non occorre
Al primo romper de la terra usarla,
Ma quando sol con la seconda piaga
Vuol ritagliarsi ’l preparato campo,
E corre la stagion de lo Scorpione:
375Che se pioggia trattienti, o per burrasca;
E tu ritarda, e l’opra al fin conduci
(Pur che ’l giel non induri ’l tuo terreno)
Sebben anche ne l’orrido Dicembre,
Quando col Sagittario il sol duella.
380Bella allora vedrai, pulita, eguale
La pianura del campo, come sposa,