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DEL CAVALLARIZZO
Perche il poledro generoso, & bono
Altamente camina, & le sue gambe
Piegando nel levarle in terra pone
Destre, e leggiere. Et è primo in la via,
Prima à varcar i fiumi minacciosi.
Altresì i ponti, che già non conosce:
Ne ha timore alcun di van romore
Porta il col rilevato, ha sottil capo,
Picciol ha il ventre, e le spalle carnose.
Va scherzando tranquillo, & animoso;
Il petto ha largo, e tutto muscoloso
Così la carne. Et è piu honesto il baio
Et dipoi tal color il glauco appresso.
Ma di tutti i mantelli il bianco è il peggio
Mellato insieme. Et s’ode di lontano
Suon d’arme, non sa star fermo in un luogo.
Move l’orecchie spesso, & batte il petto.
Al bellicoso suon scote la pelle
D’animoso desir, co i membri ancora.
Et sbuffando via, spargon fiato ardente
L’ampie narici. E i crini folti & belli
Stan dalla destra spalla. Et la sua schena
E’ larga in guisa di due spin tra i lombi
Cava la terra il duro pie, che suona.
Così Cillaro fu caval dal freno
Del amicleo poluce domo, & quelli
Che al carro superbo Marte aggiunse;
Et quelli, che portorno il grande Achille
Dal bon Homero celebrati al mondo.
Tal anco per lo collo i crini sparsi
Fuggendo da la moglie se ne gio
Saturno, empiendo l’altro Pelio monte
De’ l’annitrir acutissimo, & ben spesso

Hor questo è quanto all’openion del Poeta. Per il che non so come tenga così boni; alcun auttor moderno, i cavalli, che hanno i crini sparti, per usar il suo proprio vocabolo; volendo Virgilio che gl’habbi folti, & non rari, come molt’altri vogliono, non niego però che i crini rari non siano anco di bon inditio, & che medesimamente i lunghi & distesi & molli, non diano segno di bona, & piacevole natura: perche si causano da natura humida, & temperata; ma dico bene che se i sparti, & crespi, dinotano vigore, & forza