Pagina:Il cholera in Barberino di Mugello - Carlo Livi, 1855.djvu/17

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Ora chi non sa, come le affezioni de’ visceri addominali prediligono appunto i temperamenti, ne’ quali una soverchia venosità dà luogo alla pletora addominale, e quindi proclività alle congestioni, ed ai viziamenti delle secrezioni? Chi non sa, come la generazione degli entozoi avvenga più facilmente negli organismi non costituiti nella integrità organico-vitale, siccome i corpi venosi, e come le risipole svolgansi d’ordinario, anzichè per vera plasticità o pletora, per inala elaborazione della crasi sanguigna? L’attinenza poi delle febbri intermittenti e delle flogosi reumatiche con i climi umidi non abbisogna di dimostrazione.

Gli stessi D. Bogiani e Guidotti mi fanno sapere, come nell’anno 1846 e 47 travagliasse il paese una endemia di febbri tifoidee; come nel 52 comparisse alla campagna la miliare, la quale andò spesseggiando via via negli anni susseguenti, finchè nella estate decorsa fecesi comunissima.

Entriamo ora nelle case. Brutta materia mi si para dinanzi; ma io promisi a me stesso dir tutta la verità: e l’affetto che oramai mi lega ad un paese, con cui divisi pericoli e dolori, non mi costringerà mai a tacerla.

Chi dicesse, in un paese come Barberino a poche miglia da Firenze, in seno d’una florida e vaga provincia, traversato da una via frequentatissima, una parte non piccola delle case manca del benefizio delle latrine e di serbatoi chiusi per le acque immonde; chi dicesse che, eccettuate le famiglie più agiate, il rimanente della popolazione, o per necessità o per mal’uso, va a deporre il superfluo peso del ventre per i vicoli o nel greto del fiume, o per pudore aspetta il favor delle tenebre per gettarlo