Pagina:Il cholera in Barberino di Mugello - Carlo Livi, 1855.djvu/20

Da Wikisource.

— 16 —

debolezza, perchè non avendo conosciuto sino allora il cholera che su’ libri, venuto alla questione che tiene tuttora divisa la medica famiglia, per una di quelle spinte che la mente riceve senza sapere talvolta di dove, io presi in uggia e poscia in vero odio sin la parola contagio. E una volta preso l’andare, leggendo e ascoltando non badava e non credea, che a chi osteggiava la parola e il concetto.

Ma quando disgraziatamente mi trovai in mezzo al cholera qui in Prato, quando il capo onorevole della magistratura sanitaria in Toscana m’inviava a curare i cholerosi in Barberino di Mugello, m’avvidi allora, che conveniva mi rifacessi da capo, e che per adempire con coscienza nella pratica l’ufficio di medico, per corrispondere alla fiducia di cui era onorato, mi spogliassi d’ogni preconcetto anteriore, per apprendere unicamente da’ fatti rettamente ed accuratamente osservati la verità.

Io dunque (mi preme schiarirlo bene) non ho disertato l’antica opinione per vendermi alla opposta: nè meno mi son ricreduto, perchè credessi falsa quella e vera questa, prese così esclusivamente. Solo volli spogliarmi d’ogni preconcetto, per non incorrere nel facile rischio di vedere quello solamente avevo in testa di vedere. Io dissi a me stesso: occhio a’ fatti soltanto; dichiariamo la mente vacante di qualunque opinione, per conferirne a suo tempo il posto a quella, che l’osservazione e la esperienza con maggior numero di voti mi dichiareranno per vera.

Lo spirito umano inclina naturalmente a indagare e congetturare addentro l’essenza delle cose, e ad apprendere come vero o rivelazione di natura, quello ch’è pura