Pagina:Il cholera in Barberino di Mugello - Carlo Livi, 1855.djvu/50

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non vogliansi concedere, che le parti di semplice causa, come verificare, se delle due cause presenti il contatto potè più di essa a svolgere la malattia?

Ma io sento rispondermi. Voi ad arte avete intinto il pennello de’ colori più neri per ingigantire gli effetti della paura. No: credo anzi d’aver ritratto assai imperfettamente lo stato di colui, il quale è preso dalla paura d’un male tormentoso ed orrendo com’è il cholera; e chi l’ha provata dentro se, può dire se io esageri. D’altra parte, perchè (sebbene sia pronto a ricredermi, ove si adducano ragioni più forti della mia) perchè il maggior numero de’ casi scoppierebbe nelle ore notturne, in quelle ore appunto, in cui l’anima svolta dalle impressioni de’ sensi, rimane in preda alle imagini del giorno, le quali aggiungono sino ad assumer sovr’essa, come nel sonno, impero e potenza di realtà? perchè i forti d’animo e gl’intrepidi nell’infuriare de’ morbi popolari a condizioni pari sogliono più facilmente de’ pusillanimi escire illesi, ad onta che sfidino il pericolo in mille guise?

Quindi racconta Tucidide, che nella peste, da lui così maravigliosamente descritta, sopra gli altri cadevano estinti i malinconici e paurosi; e quel valentissimo uomo di Lodovico Muratori, nel suo libro sul governo de’ mali pestilenziali scrive; che l’apprensione il terrore e la malinconia sono ne’ tempi di peste una vera peste: quindi bene a ragione dicea Casimiro Medicus, potersi tener per certo, che la paura dispone singolarmente l’uomo alle malattie epidemiche e contagiose, e che l’intrepidezza la tranquillità ne sono il vero contravveleno; e Rivino nella peste di Lipsia osservava, il morbo non altrimenti che per la sola paura passare da un uomo all’altro; e Sennert,