Pagina:Il cholera in Barberino di Mugello - Carlo Livi, 1855.djvu/71

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e far galloria all’appressarsi del cholera, anzi converrebbe farlo venire apposta dalle rive del Gange; poichè se è vero, che il cholera ove arriva assorbisce in se tutte malattie, e se è vero ciò che ogni fortunato trovatore spaccia del suo rimedio, qual fortuna per i popoli e qual trionfo pel medico, con un sol colpo tagliare il capo a tutte! Leggete giornali medici ed anche non medici, e spesso e volentieri v’imbatterete in medicamenti nuovi, i quali nelle mani del tale o talaltro Francese o Tedesco o Americano che sia, nella tale o talaltra isola fortunata, hanno fatto mirabilia. Ma Dio vi guardi, sapete, dal cimentarli; se pure non avete una buona dose di fede: perchè, prima d’averne avuto un effetto buono, vi trovereste ad aver rotto cento volte dalla disperazione il capo nel muro. Aprite poi i libri degli Omeopatici, di questi ascaridi e lombricoidi della Medicina, che odiano l’aria aperta e la luce e amano lavorar sottoterra, e vi leggerete annunziato in modo che non ammette dubbio, che di 100 presi di cholera, 94 96 o anche tutti e 100, volendo, potrebbero in ultimo ridersela alla barba del mostro Gangetico13.

Miserabilissima e stoltissima umanità, la quale, con un pezzo di rame sul bellico e pochi minuzzoli presi per bocca, potrebbe sfidare il cholera, epidemico o contagioso che sia, e nonostante s’incaponisce ogni di più a voler morire di cholera all’antica, vale a dire mettendoci di suo di più del cinquanta per cento. Certo se la buona gente degli Omeopatici non mandano al diavolo tutto l’uman genere, e non vanno per gastigo nostro colla loro cassettina farmaceutica a far da medici e speziali in regioni di enti più ragionevoli, è un miracolo da stupidire.