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CIÒ CHE IO DEVO AGLI ANTICHI.
1.
Ancora una parola, per finire, su quel mondo verso il quale ho cercato degli accessi, verso il quale ho forse trovato un nuovo accesso — il mondo antico. Il mio gusto, il quale forse è l’opposto del gusto tollerante, è ben lungi anche qui dall’approvare in blocco: generalmente esso non ama approvare, preferisce contraddire, ed anche negare completamente... Questo è vero per delle intere civiltà, questo è vero per certi libri, — questo è vero anche per delle città e dei paesaggi. In fondo non vi è che un piccolissimo numero di libri antichi che abbiano contato nella mia vita; i più celebri non ne fanno parte. Il mio senso dello stile, dell’epigramma nello stile, si è svegliato quasi spontaneamente al mio contatto con Sallustio. Non ho dimenticato la sorpresa del mio venerato professore, Corssen, quando fu forzato di dare il miglior voto al suo più cattivo latinista — avevo imparato tutto di un sol colpo. Serrato, severo, con un fondo il più possibile sostanzioso, una fredda cattiveria riguardo alla «bella parola» ed anche riguardo al «bel sentimento» — è a tutte queste qualità che io mi sono rivelato. Fino dal mio Zarathustra si riconoscerà una ambizione molto
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