Pagina:Il crepuscolo degli idoli.djvu/67

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FEDERICO NIETZSCHE

concezione dell’«io» segue solamente, come derivazione, la nozione dell’«essere»... Al principio vi era questo grande errore nefasto che considera la volontà come qualche cosa che agisce, — che voleva che la volontà fosse una facoltà... Oggi noi sappiamo che ciò non è che una vana parola... Molto più tardi, in un mondo mille volte più illuminato, la sicurezza, la certezza soggettiva nel maneggiamento delle categorie della ragione, venne, con sorpresa, alla coscienza dei filosofi: essi conclusero che quelle categorie non potevano venire empiricamente, — tutto l’empirismo è con esse in contraddizione. Dunque da dove vengono? — Nell’India come in Grecia si è commesso lo stesso errore: «Bisogna che noi un tempo abbiamo dimorato in un mondo superiore (invece di dire in un mondo ben inferiore, ciò che sarebbe stata la verità!), bisogna che noi si sia stati divini, giacchè abbiamo la ragione!»... Infatti, niente fino ad ora ha avuto una forza di persuasione più innocente che l’errore dell’essere, com’esso è stato formulato, per esempio, dagli Eleati: giacchè esso ha per sè ogni parola, ogni frase che noi pronunciamo! — Gli avversari degli Eleati, essi pure, soccombero alla seduzione della loro concezione dell’essere: Democrito, tra gli altri, allorchè inventò il suo atomo... La «ragione» nel linguaggio: ah! quale vecchia donna ingannatrice! Io temo molto che noi non ci sbarazzeremo mai di Dio, poichè crediamo ancora alla grammatica...

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