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“le nuove tecnologie sono, per loro natura, tali che le organizzazioni che le adottano non possono utilizzarle appieno senza assumerle anche nel loro carattere di innovativo, cioè riorganizzativo di procedure, prassi e comportamenti” (Rovinetti, 2006, 174).
Il problema infatti, sostiene Zarro, non è tanto tecnologico, quanto culturale organizzativo: le istituzioni non sono state in grado di sfruttare del tutto le potenzialità del digitale. “Pur non mancando una presa di coscienza sull’intrinseca bidirezionalità delle reti […] la rivoluzione dell’e-government è stata però sostanzialmente caratterizzata da un approccio tecnico-ingegneristico, più interessato all’efficacia e all’efficienza dell’agire amministrativo, che ai profondi cambiamenti culturali e sociali derivanti dall’esplosione della comunicazione in Rete” (Zarro, 2008, 74). Le istituzioni, e soprattutto i suoi vertici, non avrebbero abbracciato a tutti gli effetti “quei principi di interattività, apertura e condivisione che restano il principale valore aggiunto delle reti” (Zarro, 2008, 75). Questa mancanza sarebbe la causa del fallimento degli obiettivi, almeno a livello di partecipazione1, delle pratiche di e-government: “se all’idea di sportello fossero associate anche quella di piazza e/o del laboratorio, la rivoluzione e-gov avrebbe potuto avere esiti diversi” (Zarro, 2008, 74).
Alle pratiche di e-government vanno dunque affiancate politiche di e-democracy2.
Un esempio di come dovrebbe cambiare il ruolo delle istituzioni lo presenta Alberto Cottica nel suo libro “Wikicrazia”. Egli sottolinea una “crisi di attenzione” delle politiche pubbliche: spesso, per motivi di priorità, l’attenzione delle PA rimane limitata alle cose più importanti, che sono le decisioni di programmazione, e non riesce ad essere presente nell’attuazione delle decisioni minori e locali. Di quelle si occupano burocrazie specifiche e, afferma l’autore, è con quelle che è necessario dialogare nel processo decisionale. Tutti dovrebbero poter contribuire al ramo esecutivo dell’amministrazione: deve esistere un flusso informativo che passi fuori dalla burocrazia e si apra all’ascolto. La burocrazia è necessaria, ma deve essere solo l’ultimo passo di un processo di co-creazione delle politiche pubbliche.


  1. “A fine 2007, nei Paesi dell’Unione Europea, a fronte della disponibilità on line di oltre la metà dei servizi prioritari rivolti ai cittadini e alle imprese, il loro utilizzo è inferiore al 10%” (Zarro, 2008, 74).
  2. E-government ed e-democracy non sono sinonimi. L’e-government rappresenta l’applicazione delle nuove tecnologie alle transazioni tra cittadini e pubbliche amministrazioni, al fine di renderle più rapide ed efficienti. L’e-democracy ha come obiettivo l’utilizzo delle nuove tecnologie al fine di creare nuovi istituti di partecipazione, ed approdare ad una forma di democrazia diretta (Grandi, 2007).