Pagina:Il diamante di Paolino.djvu/15

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fessare d’avere il padre vignaiolo quando si è sul punto d’essere presentato al Re?

— Così dunque, aggiunse il Filippi se ella vuole affidarsi a me, prendo l’impegno di collocare il suo gioiello; conosco un signorone che darebbe parecchi dei suoi castelli per possedere un tesoro di codesta fatta. Lei partirà per Milano, dunque. Ci vo anch’io tra qualche giorno e ci troveremo là.

— Ma questo viaggio.... — balbettò Paolo.

— Ah! capisco! A buon intenditor poche parole. Eh! eh!— E il vecchietto rideva, strizzando gli occhi con malizia — lei viene dal suo villaggio col borsellino vuoto, non è vero? Ebbene provvederò io. Io le darò i denari necessari perchè possa andare dignitosamente a Milano; e affinchè non creda ad un’insidia, le lascerò nelle mani il diamante. Eh! Eh!— Nuove risate e nuovi strizzamenti d’occhio

Paolino fu sul punto di saltare al collo di quell’uomo generoso, di quell’angelo salvatore! E dire che il pievano gli raccomandava sempre di stare in guardia contro i bei parlatori, contro quelli che promettono Roma e Toma e cercano di avvantaggiarsi per sè!

— A che pensa? — chiese il Filippi.

— Ah, mio bravo signore! — rispose Paolo — Penso alla mia singolare ventura. Imbattermi in una persona del suo stampo! Voglio subito scrivere ai miei genitori per raccontar loro tutto....

— Non abbia furia. Quando avrà veduto Milano, quando a Monza sarà stato presentato a corte ( questa è cosa di cui non si può fare a meno), quando lei infine entrerà in possesso della sua fortuna principesca, allora scriverà a papà e a mammà. Si figuri come rimarranno!

— Ha ragione, riprese Paolo; — potrò anche spedir