Pagina:Il diamante di Paolino.djvu/14

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— Modestia a parte — esclamò il vecchino ridendo è stropicciandosi le mani — modestia a parte, bisogna che lei, caro signorino, ringrazi Iddio di avermi incontrato. Lei, proprio, non poteva cascare in mani migliori. Io sono il cavaliere Filippi, conosciuto in tutta la provincia per il più abile ed elegante gioielliere dei nostri tempi. Non ci sono buccole di regina, non braccialetti di duchesse, nè collane di signore..... da teatro che non passino per le mie mani. Ho un laboratorio, anzi un magazzino a Milano che lei deve visitare in tutti i modi. Lì vedrà, confronterà e conoscerà il valore del tesoro che la fortuna le ha favorito. Ah! Mi rallegro! mi rallegro davvero con lei! Che si fa celia! il diamante della volùta! È tanto, sa? tanto, che mi struggevo di vederlo! Io glielo pagherò come nessuno potrebbe pagarglielo! Lei è nato vestito, mio bel giovinotto! lei entra nella vita dalla porta d’onore, dalla porta d’oro! Dipenderà da lei il far la prima figura, diventar l’amico dei signori più illustri, e sissignore, di veder da vicino il Re.

— Di vedere il Re! — esclamò Paolo che ascoltava con entusiasmo quel torrente di parole. — Lei crede che potrò avere l’onore di avvicinare il Re?

— Ma sicuramente — riprese il Filippi — io stesso gliene faciliterò il modo, se si degnerà di ascoltare i miei consigli, se vorrà riporre un po’ di fiducia nel suo servitore. Operando così non fo che obbedire alla simpatia che mi trascina verso di lei. La sua fisonomia di giovane intelligente m’ha colpito subito, mi piace! Eh! si vede subito a prima vista! Ella non appartiene alla maggioranza stupida destinata a lavorare.

— Ohimè! — disse fra sè Paolo — anche mio padre lavora e non è uno stupido: — Ma questa riflessione la fece, come ho detto, dentro di sè. Com’è possibile con-