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Pagina:Il mio cuore fra i reticolati.djvu/75

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Roma, inverno meridionale, che piacere, dopo una notte d'amore, dopo un risveglio lento e pigro nel quale i baci hanno una pacatezza tranquilla che sa di religione, scendere verso mezzogiorno giù da via Veneto, sfiorando con la pelliccia le colonne lucide dei grandi Alberghi sonnolenti, scendere a piazza Barberini con la donna che ti si stringe al braccio scaldandosi al sole come un gatto di lusso, e passare in rivista una ad una le vetrine di Via del Tritone e del Corso: mobili di Ducrot, sete di Coen, sciarpe di Agostini, argenterie di Broggi, gioielli di Suscipj, ninnoli di Cagiati...

Che delizia, Roma invernale, i the da Babington e da Latour, i concerti all'Augusteo, le prime al Costanzi, sempre con la donna e al fianco, che ti si stringe sempre di più, che viene osservata sempre di più, che tutti ti cominciano a invidiare!

Che dolcezza, ogni tanto, salire al Pincio verso il tramonto, e contemplare Roma che affonda in una coppa di rosee liquidità spumeggianti!

Le prime settimane, Maura e Franco si dedicarono appunto a «gustare» Roma. Ahimè quanta letteratura sulla Roma degli amanti! Effettivamente, come c'è una Roma