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SCENA QV A RT A . iij Qvtfli orchi affluii,o «fitrtnarmi il frilt) O' viuo fi morto io f!.t,vuo pianger fempre ; £ s’eiptr fu* pietà nei Ciel mi accoglie, lo pregato,che Irà quel tifo turno Gh eterni pianti miti me/chi, e confonda : E fia più vago il Citi: come )albor* tra dJci, e dilettatoli concenti Picciol* difionanza non rincrefce : Ma dimmi,oni' hor a vieni,e dotte vai ?
Qio. Vengo dal mal, c me ne corro al peggio, Da la dolente Madre,al.morto Figlio : Ni chieder più,che tafleggtar la piaga , Menlr’cllaè frefea,}in*acerba la dogli*, Pie. Vorrei venire anch'io gioite tù vai-, Perche vegga il Signorotti tanto ojftfi j £ fe viuo tl negai,morto l'adori, E pianga l’error mio folto i fuoi piedi .
pi». Chi tc’l contendete già fiat» preffo al mòte, One vedrai le fermentate membra Dtl Signor no tiro, ancor ne l’aria appefe .
Giù. Gitene : voi-,eh'à me non /offre il core Veder con gli occhi miei quel corpo e fluito, Da cui con le mie man l’Alma ni futi fi.
Vedrefie al mio apparir toflo quii fangut Tremolar,rtgocctar da le cautrnt De le ferite fue già /ecche,* vote , E contro il traditorgridar vendetta.
G‘0. Non è il fangue à'Abel, che ft quereli Contro tl frate homicida-,hà uoce,hàfor\a.
Ma per dar vita à i defperati figli ; Com’amor o/o pelican, che’l petto Si fora,etpttUt fuoi co'l fangue auuiua.
Ciu, A tfigli sì,ma non à q“ci che l'hanno -fi Vtn-
