Pagina:Il mortorio di Christo.djvu/153

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li3 ATTO TERZO.

Non so,fi debbo dir, fia ben,cht Rumo, f Signor mio,qui\com'm quel monte io dtjjì-, Che troppo (piace hauer tr<n morti albergo.

Mà.ft là dou'e Dio,v'ì’l Par adì (o j lo mi contento ancor qui far foggiamo'.

Tabernacol non chiedo altro, che queflo Jilber felice,otte ripofi.t dormi Al Sol più ardente de tuoi caldi ameri.

Non li conobbe in quefio Monte il Padre.

Ma paruù congiurar la Tei ra e’I Cielo Contre'l fuo Facitore-, & io fra tulli Primo trattenni à con domarti à morie.

£ fon pur viuo ì t temerario ardifeo Mirar con gli occhi miei le tue feriti ?

Giuda, non ti riprendo, Toflt di me più accorto, Che ti fuiafii altrout, Per non veder fpeltacole si borrendo .

C io. Pietro,non pianger più,non più dolerti De VerroV lue,c'hai lagrimaio affai .

Allenii à meditar Irà quefie Piaghe Del communi Signor l'interno affetto-, Che lo fpinfe à morire ; entra guardingo Per la porla maggior;fe puoi irouarm La via del core, enei file incendio immerfo, * Salamandra felice, Eterno viui in quei perpetui ardori ; Perche i'offtfo amante ingiuria non rammenta, E fol d’e/fer amatofi conttnra.

Pie. Ben mi configli,ma ccnuien ch'io pianga ; .E' forza, eli io n,i doglia, euunqu e mirii , Chef'egli mi mi» amor fante taccile, . Ri* — ■