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che da qualcuna di quelle bocche fosse per uscire una malignità anche contro di lei. Ma il passaggio della principessa Issè, a braccio del ministro di Danimarca, divagò li amici. Egli non di meno sentivasi spingere da una temeraria curiosità a riallacciare il discorso sul nome dell’amata, per sapere, per iscoprire; ma non osò. La mazurka finiva; il gruppo disperdevasi. “Ella non viene! Ella non viene!„ L’inquietudine interiore gli cresceva così fieramente che egli pensò d’abbandonare le sale, poichè il contatto di quella folla eragli insoffribile.
Volgendosi, vide apparire su l’ingresso della galleria la duchessa di Scerni a braccio dell’ambasciatore di Francia. In un attimo, egli incontrò lo sguardo di lei; e gli occhi d’ambedue, in quell’attimo, parvero mescersi, penetrarsi, beversi. Ambedue sentirono che l’uno cercava l’altra e l’altra l’uno; ambedue sentirono, ad un punto, scendere su l’anima un silenzio, in mezzo a quel rumore, e quasi direi aprirsi un abisso in cui tutto il mondo circostante scomparve sotto la forza d’un pensiero unico.
Ella s’avanzava nell’istoriata galleria del Caracci, dov’era minore la calca, portando un lungo strascico di broccato bianco che la seguiva come un’onda grave sul pavimento. Così bianca e semplice, nel passare volgeva il capo ai molti saluti, mostrando un’aria di stanchezza, sorridendo con un piccolo sforzo visibile che le increspava gli angoli della bocca, mentre li occhi sembravan più larghi sotto la fronte esangue. Non la fronte sola ma tutte le linee del