Pagina:Il piacere.djvu/159

Da Wikisource.

― 147 ―


Lo Sperelli s’inchinò e passò oltre, perchè provava non so che imbarazzo d’innanzi a quella strana benevolenza del marito. Un sospetto gli balenò nell’animo, che il marito gli fosse grato d’aver attaccato briga con l’amante della moglie; e sorrise alla viltà di quell’uomo. Come si volse, gli occhi di Donna Ippolita s’incontrarono, si mescolarono con i suoi.

Nel ritorno, dal mail-coach del principe di Ferentino vide fuggire verso Roma Giannetto Rútolo con un piccolo legno a due ruote, al trotto fitto d’un gran roano ch’egli guidava chinato avanti, tenendo la testa bassa e il sigaro tra i denti, senza curarsi delle guardie che gli intimavano di mettersi nella fila. Roma, in fondo, si disegnava oscura sopra una zona di luce gialla come zolfo; e le statue in sommo della basilica di San Giovanni entro un ciel viola, fuor della zona, grandeggiavano. Allora ebbe Andrea la conscienza intera del male ch’egli faceva soffrire a quell’anima.

La sera, in casa Giustiniani, disse all’Albónico:

― Riman dunque fermo che domani, dalle due alle cinque, io vi aspetterò.

Ella voleva chiedergli:

― Come? non vi battete, domani?

Ma non osò. Rispose:

― Ho promesso.

Poco tempo dopo, si accostò ad Andrea il marito, mettendoglisi a braccio con affettuosa premura, per chiedergli notizie del duello. Egli era un uomo ancor giovine, biondo, elegante, con i capelli molto radi, con l’occhio biancastro, con