Pagina:Il piacere.djvu/43

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le mani di lei e traendosi in dietro, poichè sentiva già nelle vene il fuoco insinuante ch’esalavano anche involontariamente quelle pupille e provava più acre il dolore d’aver perduto il possesso materiale della bellissima donna. ― Tu non mi amavi! Tu, allora, avesti cuore d’uccidere l’amor tuo, d’improvviso, quasi a tradimento, mentre ti dava la sua ebrezza più forte. Tu mi fuggisti, tu mi abbandonasti, tu mi lasciasti solo, sbigottito, tutto doloroso, a terra, mentre io era ancora accecato di promesse. Tu non mi amavi, tu non mi ami! Dopo una lontananza così lunga, piena di misteri, muta e inesorabile; dopo una così lunga attesa, in cui ho consunto il fiore della mia vita a nutrire una tristezza che m’era cara perchè mi veniva da te; dopo tanta felicità e dopo tanta sciagura, ecco, tu rientri in un luogo dove ogni cosa per noi custodisce un ricordo ancora vivo, e mi dici soavemente: “Io non sono più tua. Addio.„ Ah, tu non mi ami!

― Ingrato! Ingrato! ― esclamò Elena, ferita dalla voce quasi irosa del giovine. ― Che sai tu di quel ch’è accaduto, di quel ch’io ho sofferto? Che sai?

― Io non so nulla, io non voglio nulla sapere ― rispose Andrea, duramente, involgendola d’uno sguardo un po’ torbido, in fondo a cui tralucevano i suoi desiderii esasperati. ― Io so che tu fosti mia, un giorno, tutta quanta, con un abbandono senza ritegno, con una voluttà senza misura, come non mai alcuna altra donna; e so che nè il mio spirito nè la mia carne dimenticheranno mai quella ebrezza....