Pagina:Il podere.djvu/100

Da Wikisource.

— 88 —

— Se continua a piovere, — disse Picciòlo a Remigio, — quest'anno le spighe germogliano nel campo. Vorrei essere cieco, per non vedere uno strazio simile!

Ma il sole era tornato, e i pioppi parevano più belli e più verdi. Avevano sentito quella rinfrescata e ne godevano. Lungo qualche filare, erano nati i girasoli; grandi e gialli; che tentennavano un poco quando passava il vento. Tra i grani, dove era più umido, era nato il ciano con i fiori azzurri; le campanelle bianche, venate di rosso chiaro, che s'attorcigliavano fin su alle spighe; e la borrana con le stelline celesti. I ragni avevano teso tanti fili che, quando brillavano, parevano un'altra messe.

Remigio passava molte ore su l'aia, senza fare niente; ma preoccupato del fieno andato a male. Apriva l'uscio della capanna e sentiva sempre lo stesso odore cattivo; si scoraggiava e non riusciva a pensare ad altre cose.

Picciòlo lo trovò, verso sera, su l'aia. Il vecchio ch'era stato a rincalzare i fagioli, puntò la zappa su i mattoni, s'appoggiò alla cima del manico con tutte e due le braccia; e gli disse:

— Che fa qui, padroncino? Non va ancora a cena?

— No: è presto.

— Oggi è stato un caldo da arrabbiare come cani.