Pagina:Il podere.djvu/128

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lustrare lo specchio del canterano, saltò dal letto e escì fuori.

Benchè fosse oria, si sentiva che la giornata doveva venire afosa. Rapidamente, le nebbie della Tressa sparirono; e i contorni di tutti i cocuzzoli apparvero con una durezza limpida. Nella strada passavano i barrocciai, dormendo accovacciati tra la roba; e avevano ancora le lanterne accese. I galli cantavano da tutti i poderi; e nel pollaio della Casuccia le galline razzolavano e crocchiolavano.

Dopo poco, scesero anche gli altri; con le falci e le pietre rotatoie in mano. Picciòlo disse:

— Il padrone dorme ancora. S'ha a destare?

Tordo rispose:

— Non perdiamo tempo: andiamo!

Era già la metà di giugno, e il grano si seccava anche troppo. Qualche altro podere aveva già mietuto. La guazza si asciugava; e il sole, ormai, era per nascere già dai monti bassi.

— Facciamoci dal fontone, — disse Berto.

Tutti andarono da quella parte. Moscino era la prima volta che segava il grano, e faceva l'impaziente. Tordo gli disse:

— Attento alle dita!

— Gliel'ho detto anch'io! — rispose Lorenzo.