Pagina:Il podere.djvu/91

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Quando smise, era sudato. Mentre stava per avvertire Ilda, un giovanotto, senza aprire il cancello, lo chiamò:

— Signor Selmi!

Egli si raddrizzò un poco, vergognoso di avere le mani sudicie; e andò verso la strada. Il giovanotto, che aveva l'aria di uno zerbino a passeggio, gli disse:

— Ho da consegnarle questa citazione.

— A me?

Quegli cavò il sigaro che teneva in bocca fino alla metà, prese un lapis copiativo dal taschino della giubba, bagnò con la saliva il foglio di carta bollata che teneva in mano; e disse:

— Allora, scrivo nella citazione: «è stata consegnata nelle mani del signor Remigio Selmi stesso.»

Appoggiò il foglio di carta bollata al muro della capanna, dove era più liscio; scrisse, si toccò il cappello; e tornò via. Remigio, lette le prime righe, vide che si trattava della causa di Giulia.

Qualche cosa, che assomigliava all'indignazione, gli faceva tremare le labbra; sentì impallidirsi, e salì in casa. Lo disse alla matrigna, che gli rispose rossa in viso:

— Ora lei si vuol vendicare, perchè tu la mandasti via a quel modo.

E, presa una lastra dal fornello, ricominciò a stirare le sue calze, che erano sparse