Pagina:Il probabile falsificatore della Quaestio de aqua et terra.djvu/23

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[143] VARIETÀ 19

a me famellico e pensarà, come se dice in comuni proverbio, che la fame caccia el lupo for dal boscho. Ho fatto tutto sia possibile a me per non venire a questi meriti, ma la necessità me ha constrecto, suplicando che me perdoni che mai più tale impaccio son per dargli; e non se maravigli nè del messo nè dove è alogiato, perchè el tutto è andato e va con sommo silentio e taciturnità. Il qual messo a V. Ex. aposta mandato è mio nipote carnale, al quale porrà V. Ex. dargli tanta fede quanto a me medesimo, che tutto sirà ben dato. Quando io potessi ancora pel mezzo vostro ritornare a Mantova e predicare questa quatragesima lì, io saria per mostrarve cosa che in fra le altre quattro o sei secreti che V. Ex. cognosciarebbe che fra Benedecto vostro gli è stato sempre bon servidore, e altro non penso mai dì e nocte si non de haver commodità di posservi monstrare quella servitù verso V. S. quale quell’animo mio sempre si serva. So che col mio insulso e longo e mal composto scrivere ho le orecchie di quella offeso: che humilmente ne dimando perdono, suplicando de gratia speciale almancho di mandarme una lettera calda di favore al Cardinal Bernardo, come di sopra ho ditto a V. Ex.; a la gratia de la quale de continuo mi racomando humilmente, ricordando a quella che si andasse a San Jacopo de Galitia non porrebbe più meritare che alquanto aitarme da questa mia extrema miseria per le cause ante decte, e maxime per l’opera a V. Ex. intitulata, li quali quinterni per qualcun di vostri trascorsi e reveduti suplico per el presente messo me remandiate, che del tutto cognoscerò di gratia speciale da V.Ex. a la cui ombra me do, trado atque devoveo.

Ex Castilione Aretino, die XI octobris 1513.

E. Ex. V.

Prope mancipium

Fr. Benedictus de Castilione Aretino

Ordinis Sancti Augustini infelix et inquietus.


Il Moncetti si trovava allora in patria, angustiato dalla miseria. Non sapremmo imaginare cosa più ghiotta di questa lettera, in cui è difficile il dire se meglio predominino gli istinti dello scroccone o quelli del cerretano. Si notino le lodi che il frate fa dell’opera propria e le promesse rispetto alla sua predicazione futura, che vorrebbe avesse luogo in Mantova. Si noti il gran lavoro di turibolo per cattivarsi vieppiù la Gonzaga, e l’impudente richiesta della cavalcatura. Isabella fece rispondere da Benedetto Capilupo, con garbo, ma non senza freddezza, il 20 ottobre del ’13: «Havemo con lieta fronte et con non mediocre piacere et satisfactione acceptata et lecta tutta la lettera et epistola et parte de l’opera de la R.da P. V. et factola legere a qualche valenthuomo, la quale è stata laudata sì come meritano le cose sue.....». Gliela rimandava insieme con una lettera commendatizia pel Bibbiena; ma nulla prometteva riguardo la stampa.