Pagina:Il tesoro.djvu/173

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E carezzevole le pose le mani sul capo, come per acconciarle il velo, e trovò il coraggio di dirle:

— Non sei più triste, non è vero?

Una nube passò davanti agli occhi di lei. Perchè suo padre le faceva questa strana domanda? Ah, dunque sapeva? Indovinava? Arrossì, provò una grande umiliazione, una intensa tenerezza, un desiderio di fuggire, di abbandonarsi piangendo sul petto di suo padre.

— Perchè triste? — disse invece con indifferenza, sfuggendo lo sguardo e le carezze di lui. Lo vide rattristarsi, e ne sentì un intenso dolore, ma non potè rompere l’ostacolo che li divideva. Non era possibile, non era possibile!

— Andiamo, andiamo! — disse. — Piana!

Uscì rapidamente. Per via incontrò Stefano e lo salutò famigliarmente.

— Oh, c’è anche lei? Buona sera! Viene?

Egli si tolse il sigaro di bocca, la guardò acutamente, colpito dalla sua splendida apparizione, e pensò:

— Che stupido Cosimo Bancu a non accorgersi di questa ragazza!

E si mise a corteggiarla. Fu al suo braccio che ella entrò nella sala da ballo, coi bei capelli a metà sciolti sotto il velo, che le davano un’aria di fata. Tutti si volsero a guardarla, e molti chiesero chi fosse.

Stefano vide Cosimo Bancu in fondo alla sala, appoggiato al pianoforte con aria annoiata, gli