Pagina:Il tesoro.djvu/280

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dermi troppo felice, per lasciarmi poi, fra qualche tempo, un risveglio doloroso? Forse. In ogni modo, poichè non credo molto al mio avvenire, e tanto poco ci credo che non ne ho neppure più il desiderio, io dico: godiamo l’ora presente che è buona; se è una illusione codesto pietoso ufficio che invita una graziosa giovine liana a rivestire delle sue braccia tenere e verdi il vecchio tronco che si spoglia e oscura, io cedo alla soave stretta, e chiedo alle aure che mormorano di dirti per me una dolce canzone.... vorrei dire di amore, ma di questa parola tu sembri provare sgomento, quasi tema ch’io sia per ripeterla un giorno, quando non sarai più libera, quando fra le anime nostre si metterà, per forza naturale del tempo e degli eventi, l’uomo fortunato che ti farà sua!»

Dopo due pagine su queste tono, la lettera assurgeva a note di angoscia quasi disperata. Elena vibrava in tutta la persona, e diventava bianca come colta da un acuto malessere.

«.... il primo a scomparire sarò certamente io, e forse fra non molto; ho giorni di grande sconforto, di profonda desolazione, nei quali invoco la morte, perchè la vita mi sembra ora un deserto sterile, ora una babilonia odiosa: vorrei fuggire, od estinguermi in una pace profonda. Non ho vissuto come avrei voluto e dovuto; ero nato per amar molto e non ho potuto amare; ero nato forse a grandi cose, e non