Pagina:Il tesoro.djvu/295

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masta nel sangue e nei nervi come un veleno, e risorgeva al minimo urto.


Cosimo, un po’ per causa sua, un po’ per causa di sua moglie e molto per causa della fatalità, diventava sempre più infelice; le liti fra i due sposi, dopo un anno di matrimonio, si seguivano volgarmente, con molta violenza e molto scandalo.

Non trovando pace nel suo nido domestico Cosimo straviziava; passava le notti fuori, di giorno dormiva e non lavorava; s’indebitava fino agli occhi, si avviliva con avventure d’ogni genere, e pareva avesse perduto il senno. Sua moglie, protetta ed istigata dalla madre, spinta dalla sua indole volgare, sempre eretta come una vipera, invece di trattenerlo lo spingeva verso l’abisso. Non tutti i torti erano di Peppina, e la scusava un po’ l’infelicità propria, la condotta e la violenza di Cosimo; ad ogni modo pareva che una ineluttabile fatalità li avvolgesse in un turbine.

L’eco dei loro dissapori giungeva in casa Bancu, ed Elena ne soffriva assai, ricordando i suoi presentimenti e provando uno stupore doloroso nel vederli avverati.

Piangeva spesso, nel dubbio strano e grave che la sventura piombasse in casa sua attirata dalla sua passione ch’ella riteneva colpevole, e allora un gran buio l’accerchiava.