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Pagina:Il vicario di wakefield.djvu/130

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capitolo ventesimo. 121

gnamente, e trovandomi d’altronde in troppo bassa fortuna, sicchè non m’era dato di avventurare lo sforzo secondo per ottenere rinomanza, fui costretto ad appigliarmi ad una via di mezzo, e scrivere per aver pane. Ma io non era ordinato ad un’arte nella quale il solo ingegno signoreggia, ed è sicuro egli solo di procacciarsi evento felice.1 Una segreta fiamma di gloria mi ardeva in seno, nè io poteva spegnerla interamente; a tale che ingegnandomi di giugnere al sublime che sta nello scrivere poco e bene, consumava tempo lunghissimo; quando l’avrei potuto impiegare con più destrezza a scrivere mediocremente, ma imbrattar molti fogli e cavarne molto guàdagno. Però, nel mare delle produzioni che giornalmente innondavano la città, i miei opuscoli passavano inosservati e negletti. Al pubblico, inteso a cose di maggior momento, poco importava la fluida semplicità del mio stile, o l’armonia de’ miei periodi; nè vi poneva pur mente. Foglio per foglio, tutti li miei scritti furono gittati in dimenticanza, e seppelliti in compagnia dei Saggi sulla libertà, delle Novelle orientali, e de’ Rimedi per guarire le morsicature de’ cani arrabbiati; intanto che i Filauti, i Filaleti, i Fileleuteri e i Filantropi2 scrivevano meglio di me, perchè di me più velocemente. Allora incominciai a non far lega che con autori disprezzati al pari di me, li quali si lodavano, si compiangevano e si odiavano a vicenda. La soddisfazione da noi provata, riandando le opere d’ogni celebre scrittore, era sempre in ragione inversa

  1. Nella mia contrada questo evento felice puoi definirlo così; Giorni travagliati dall’invidia de’ contemporanei, domestica povertà, ed onoranza e fama cinquant’anni dopo le esequie. Or va’; s’altro non hai che ingegno, e non sei destro palpatore, e non sai far lega col vizio, ed hai bisogno di pane, cambia la penna in vanga e vivi tranquillo. O muor di rabbia e di fame colla speranza che dopo un secolo la tua patria t’infiori forse la tomba. Pon mente a Torquato e fa’ senno. — Nota del Casamia.
  2. Nomi romorosi che assumono per lo più coloro che inseriscono estratti e leggende ne’ pubblici Giornali; siccome in terra mia avviene, ove i nomi non sono più modesti, ma più strani sì bene. Non vedi, lettore, Sud, Nord, Ouest e Ouest-Nord tuttodì? — Nota del Casamia.