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Pagina:Il vicario di wakefield.djvu/195

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186 il vicario di wakefield.

sero. Pel primo l’eternità è una semplice ventura la quale al più al più non serve che d’augumento ad un bene già posseduto. Ma pel secondo ella è un doppio vantaggio; perchè scemando qui in terra i travagli di lui, premiali poscia colla celeste beatitudine.

Ma la Providenza anche per altra via è più benevola verso il povero che non verso del ricco; perocchè rendendo ella al povero più desiata la vita eterna, men amara gli fa parere la morte. Per lungo abito si è l’infelice accomunato a tutti gli oggetti che apportar possono terrore. E l’uomo vissuto in mezzo agli affanni scende in tomba tranquillo, senza piangere l’abbandono di terreni possedimenti, senza che una tale dipartenza venga da vincoli trattenuta cui sia doloroso il rompere. Nel separarsi dal mondo egli non è molestato che dall’angoscia della natura la quale già mille volte avevalo in vita con egual violenza oppressato. Però nuova a lui non riesce; perchè dopo un certo grado di affanni, pia la natura noi rende insensibili a tutti i tormenti con cui la mano di morte ci travaglia.

Per tal modo la Providenza, prediligendo l’infelice, due favori gli ha accordati, de’ quali non è partecipe chi mena qui in terra prospera la vita: voglio dire un’agonia dolce, un morir placidissimo in questo mondo; e nell’altro, tutta quella squisitezza di godimenti che deriva dal possedere un bene a cui dopo lunghe miserie finalmente si giunge. Questa non è poca ventura, o amici miei, ed era un dì annoverata tra’ piaceri del poverello del Vangelo. Però, quantunque egli già salito al cielo ne godesse tutta la voluttà, pure la Parabola rammenta quale argomento di felicità più compiuta, l’essere egli stato misero un tempo, l’aver sentito tutto il peso delle sventure, e l’aver dopo quelle gustata la dolcezza della eterna consolazione e la pace.

Ecco, amici miei, come la religione faccia quello che la filosofia non potrebbe. Però ella dimostra con quanta