Pagina:Iliade (Monti).djvu/147

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136 iliade v.1033

Destrier. Là giunte dove l’onde amiche
Confondono davanti all’alta Troia
Simoenta e Scamandro, ivi rattenne1035
Giuno i cavalli, gli staccò dal cocchio,
E di nebbia li cinse. Il Simoenta
Loro un pasco fornì d’ambrosie erbette.
   Tacite allora, e col leggiero incesso
Di timide colombe ambe le Dive1040
Appropinquârsi al campo acheo, bramose
Di dar soccorso a’ combattenti. E quando
Arrivâr dove molti e valorosi,
Come stuol di cinghiali o di lïoni,
Si stavano ristretti intorno al forte1045
Figliuolo di Tidéo, presa la forma
Di Sténtore che voce avea di ferro,
E pareggiava di cinquanta il grido,
Giuno sclamò: Vituperati Argivi,
Mere apparenze di valor, vergogna!1050
Finché mostrossi in campo la divina
Fronte d’Achille, non fur osi i Teucri
Scostarsi mai dalle dardanie porte;
Cotanto di sua lancia era il terrore.
Or lungi dalle mura insino al mare1055
Vengono audaci a cimentar la pugna.
   Sì dicendo svegliò di ciascheduno
E la forza e l’ardir. Sorgiunse in questa
La cerula Minerva a Dïomede
Ch’appo il carro la piaga, onde l’offese1060
Di Pandaro lo stral, refrigerava;
E colla stanca destra sollevando
Dello scudo la soga tutta molle
Di molesto sudor, tergea del negro
Sangue la tabe. Colla man posata1065
Sul giogo de’ corsier la Dea sì disse: