Pagina:Iliade (Monti).djvu/19

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8 iliade v.210

Ma sol per tuo profitto, o svergognato,210
E per l’onor di Menelao, pel tuo,
Pel tuo medesmo, o brutal ceffo, a Troia
Ti seguitammo alla vendetta. Ed oggi
Tu ne disprezzi ingrato, e ne calpesti,
E a me medesmo di rapir minacci215
De’ miei sudori bellicosi il frutto,
L’unico premio che l’Acheo mi diede.
Nè pari al tuo d’averlo io già mi spero
Quel dì che i Greci l’opulenta Troia
Conquisteran; chè mio dell’aspra guerra220
Certo è il carco maggior, ma quando in mezzo
Si dividon le spoglie, è tua la prima,
Ed ultima la mia, di cui m’è forza
Tornar contento alla mia nave, e stanco
Di battaglia e di sangue. Or dunque a Ftia,225
A Ftia si rieda; chè d’assai fia meglio
Al paterno terren volger la prora,
Che vilipeso adunator qui starmi
Di ricchezze e d’onori a chi m’offende.
  Fuggi dunque, riprese Agamennóne,230
Fuggi pur, se t’aggrada. Io non ti prego
Di rimanerti. Al fianco mio si stanno
Ben altri eroi, che a mia regal persona
Onor daranno, e il giusto Giove in prima.
Di quanti ei nudre regnatori abborro235
Te più ch’altri; sì, te che le contese
Sempre agogni e le zuffe e le battaglie.
Se fortissimo sei, d’un Dio fu dono
La tua fortezza. Or va, sciogli le navi,
Fa co’ tuoi prodi al patrio suol ritorno,240
Ai Mirmídoni impera; io non ti curo,
E l’ire tue derido; anzi m’ascolta.
Poichè Apollo Crisëide mi toglie,