Pagina:Iliade (Monti).djvu/20

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v.244 libro primo 9

Parta. D’un mio naviglio, e da’ miei fidi
Io la rimando accompagnata, e cedo.245
Ma nel tuo padiglione ad involarti
Verrò la figlia di Briséo, la bella
Tua prigioniera, io stesso; onde t’avvegga
Quant’io t’avanzo di possanza, e quindi
Altri meco uguagliarsi e cozzar tema.250
  Di furore infiammâr l’alma d’Achille
Queste parole. Due pensier gli fêro
Terribile tenzon nell’irto petto,
Se dal fianco tirando il ferro acuto
La via s’aprisse tra la calca, e in seno255
L’immergesse all’Atride; o se domasse
L’ira, e chetasse il tempestoso core.
Fra lo sdegno ondeggiando e la ragione
L’agitato pensier, corse la mano
Sovra la spada, e dalla gran vagina260
Traendo la venía; quando veloce
Dal ciel Minerva accorse, a lui spedita
Dalla diva Giunon, che d’ambo i duci
Egual cura ed amor nudría nel petto.
Gli venne a tergo, e per la bionda chioma265
Prese il fiero Pelíde, a tutti occulta,
A lui sol manifesta. Stupefatto
Si scosse Achille, si rivolse, e tosto
Riconobbe la Diva a cui dagli occhi
Uscían due fiamme di terribil luce,270
E la chiamò per nome, e in ratti accenti,
Figlia, disse, di Giove, a che ne vieni?
Forse d’Atride a veder l’onte? Aperto
Io tel protesto, e avran miei detti effetto:
Ei col suo superbir cerca la morte,275
E la morte si avrà. - Frena lo sdegno,
La Dea rispose dalle luci azzurre: