Pagina:Iliade (Monti).djvu/209

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198 iliade v.419

Il papaver nell’orto il capo abbassa,
Così la testa dell’elmo gravata420
Su la spalla chinò quell’infelice.
E Teucro dalla corda ecco sprigiona
Alla volta d’Ettorre altra saetta,
Più che mai del suo sangue sitibondo.
E pur di nuovo uscì lo strale in fallo,425
Che Apollo il devïò, ma colse al petto
D’Ettór l’audace bellicoso auriga
Archepólemo presso alla mammella.
Cadde ei rovescio giù dal cocchio, addietro
Si piegaro i cavalli, e quivi a lui430
Il cor ghiacciossi, e l’anima si sciolse.
  Di quella morte gravemente afflitto
Il teucro duce, e di lasciar costretto,
Mal suo grado, l’amico, a Cebrïone
Di lui fratello che il seguía, fe’ cenno435
Di dar mano alle briglie. Ad obbedirlo
Cebrïon non fu lento; ed ei d’un salto
Dallo splendido cocchio al suol disceso
Con terribile grido un sasso afferra,
A Teucro s’addirizza, e di ferirlo440
L’infiammava il desío. Teucro in quel punto
Traeva un altro doloroso telo
Dalla faretra, e lo ponea sul nervo.
Mentre alla spalla lo ritragge in fretta,
E l’inimico adocchia, il sopraggiunge445
Crollando l’elmo Ettorre, e dove il collo
S’innesta al petto ed è letale il sito,
Coll’aspro sasso il coglie, e rotto il nervo
Gl’intorpidisce il braccio. Dalle dita
L’arco gli fugge, e sul ginocchio ei casca.450
   Il caduto fratello in abbandono
Aiace non lasciò, ma ratto accorse,