Pagina:Iliade (Monti).djvu/262

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v.455 libro decimo 251

Ma giunti d’asta al tiro e ancor più presso,455
Li conobbe nemici. Allor dier lesti
L’uno alla fuga il piè, gli altri alla caccia.
Quai due d’aguzzo dente esperti bracchi
O lepre o caprïol pel bosco incalzano
Senza dar posa, ed ei precorre e bela;460
Tali Ulisse e il Tidíde all’infelice
Si stringono inseguendo, e precidendo
Sempre ogni scampo. E già nel suo fuggire
Verso le navi sul momento egli era
Di mischiarsi alle guardie, allor che lena465
Crebbe Minerva e forza a Dïomede,
Onde niun degli Achei vanto si dêsse
Di ferirlo primiero, egli secondo.
Alza l’asta l’eroe, Ferma, gridando,
O ch’io di lancia ti raggiungo e uccido.470
Vibra il telo in ciò dir, ma vibra in fallo
A bello studio: gli strisciò la punta
L’omero destro e conficcossi in terra.
Ristette il fuggitivo, e di paura
Smorto tremando, della bocca uscía475
Stridor di denti che batteano insieme.
L’aggiungono anelanti i due guerrieri,
L’afferrano alle mani, ed ei piangendo
Grida: Salvate questa vita, ed io
Riscatterolla. Ho gran ricchezza in casa480
D’oro, di rame e lavorato ferro.
Di questi il padre mio, se nelle navi
Vivo mi sappia degli Achei, faravvi
Per la mia libertà dono infinito.
   Via, fa cor, rispondea lo scaltro Ulisse,485
Nè veruno di morte abbi sospetto,
Ma dinne, e sii verace: Ed a qual fine
Dal campo te ne vai verso le navi