Pagina:Iliade (Monti).djvu/261

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250 iliade v.421

Giove il tonante di Giunon marito,
Che da que’ bei corsieri altri tirato
Non verrà de’ Troiani, e che tu solo
Glorïoso n’andrai. - Fu questo il giuro,
Ma sperso all’aura; e da quel giuro intanto425
Incitato Dolone in su le spalle
Tosto l’arco gittossi, e la persona
Della pelle vestì di bigio lupo:
Poi chiuse il brutto capo entro un elmetto
Che d’ispida faína era munito.430
Impugnò un dardo acuto, ed alle navi,
Per non più ritornarne apportatore
Di novelle ad Ettorre, incamminossi.
   Lasciata de’ cavalli e de’ pedoni
La compagnía, Dolon spedito e snello435
Battea la strada. Se n’accorse Ulisse
Alla pesta de’ piedi, e a Dïomede
Sommesso favellò: Sento qualcuno
Venir dal campo, nè so dir se spia
Di nostre navi, o spogliator di morti.440
Lasciam che via trapassi, e gli saremo
Ratti alle spalle, e il piglierem. Se avvegna
Ch’ei di corso ne vinca, tu coll’asta
Indefesso l’incalza, e verso il lido
Serralo sì, che alla città non fugga.445
   Uscîr di via, ciò detto, e s’appiattaro
Tra’ morti corpi; ed egli incauto e celere
Oltrepassò. Ma lontanato appena,
Quanto è un solco di mule (che de’ buoi
Traggono meglio il ben connesso aratro450
Nel profondo maggese), gli fur sopra:
Ed egli, udito il calpestío, ristette,
Qualcun sperando che de’ suoi venisse
Per comando d’Ettorre a richiamarlo.