Pagina:Iliade (Monti).djvu/260

Da Wikisource.
v.387 libro decimo 249

   Nè d’altra parte ai forti Teucri Ettorre
Permette il sonno; ma de’ prenci e duci
Chiama tutti i migliori a parlamento;
E raccolti, lor apre il suo consiglio.390
Chi di voi mi promette un’alta impresa
Per grande premio che il farà contento?
Darogli un cocchio, e di cervice altera
Due corsieri, i miglior dell’oste achea
(Taccio la fama che n’avrà nel mondo).395
Questo dono otterrà chïunque ardisca
Appressarsi alle navi, e cauto esplori
Se sian, qual pria, guardate, o pur se domo
Da nostre forze l’inimico or segga
A consulta di fuga, e le notturne400
Veglie trascuri affaticato e stanco.
Disse, e il silenzio li fe’ tutti muti.
   Era un certo Dolone infra’ Troiani,
Uom che di bronzo e d’oro era possente,
Figlio d’Eumede banditor famoso,405
Deforme il volto, ma veloce il piede,
E fra cinque sirocchie unico e solo.
Si trasse innanzi il tristo, e così disse:
Ettore, questo cor l’incarco assume
D’avvicinarsi a quelle navi, e tutto410
Scoprir. Lo scettro mi solleva e giura
Che l’éneo cocchio e i corridori istessi
Del gran Pelíde mi darai: nè vano
Esploratore io ti sarò: né vôta
Fia la tua speme. Nell’acheo steccato415
Penetrerò, mi spingerò fin dentro
L’agamennónia nave, ove a consulta
Forse i duci si stan di pugna o fuga.
   Sì disse, e l’altro sollevò lo scettro,
E giurò: Testimon Giove mi sia,420