Pagina:Iliade (Monti).djvu/259

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248 iliade v.353

Spedì loro Minerva un airone.
Nè già questi il vedean, chè agli occhi il vieta
La cieca notte, ma n’udían lo strido.355
Di quell’augurio l’Itacense allegro
A Minerva drizzò questa preghiera:
Odimi, o figlia dell’Egíoco Giove,
Che l’opre mie del tuo nume proteggi,
Nè t’è veruno de’ miei passi occulto.360
Or tu benigna più che prima, o Dea,
Dell’amor tuo m’affida, e ne concedi
Glorïoso ritorno e un forte fatto,
Tale che renda dolorosi i Teucri.
   Pregò secondo Dïomede, e disse:365
Di Giove invitta armipotente figlia,
Odi adesso me pur: fausta mi segui
Siccome allor che seguitasti a Tebe
Il mio divino genitor Tidéo,
De’ loricati Achivi ambasciadore370
Attendati d’Asopo alla riviera.
Di placido messaggio egli a’ Tebani
Fu portator; ma fieri fatti ei fece
Nel suo ritorno col favor tuo solo,
Chè nume amico gli venivi al fianco.375
E tu propizia a me pur vieni, o Dea,
E salvami. Sull’ara una giovenca
Ti ferirò d’un anno, ampia la fronte,
Ancor non doma, ancor del giogo intatta.
Questa darotti, e avrà dorato il corno.380
   Così pregaro, e gli esaudía la Diva.
Implorata di Giove la possente
Figlia Minerva, proseguîr la via
Quai due lïoni, per la notte oscura,
Per la strage, per l’armi e pe’ cadaveri385
Sparsi in morta di sangue atra laguna.