Pagina:Iliade (Monti).djvu/289

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278 iliade v.620

Chiamò. Tre volte a tutta gola ei grida,620
Tre volte il marzio Menelao l’intese,
E ad Aiace converso, Aiace, ei disse,
Telamónio regal seme divino,
Sento all’orecchio risonarmi il grido
Del sofferente Ulisse, e tal mi sembra625
Qual se, solo rimasto, ei sia da’ Teucri
Nel forte della mischia oppresso e chiuso.
Corriam, chè giusto è l’aitarlo: solo
Fra nemici potrebbe il valoroso
Grave danno patirne, e costería630
La sua morte agli Achei molti sospiri.
   Si mise in via, ciò detto, e lo seguiva
Quel magnanimo, tale al portamento
Che un Dio detto l’avresti: e il caro a Giove
Ulisse ritrovâr da densa torma635
Accerchiato di Teucri. A quella guisa
Che affamate s’attruppano le linci
Dintorno a cervo di gran corna, a cui
Fisse lo strale il cacciator nel fianco,
E il ferito fuggì dal feritore640
Finchè fu caldo il sangue e lesto il piede;
Ma domo alfine dallo stral nel bosco
Lo dismembran le linci; allor, se guida
Colà fortuna un fier lïon, disperse
Sfrattano quelle, ed ei fa sua la preda:645
Molta turba così di valorosi
Teucri intorno al pugnace astuto Ulisse
Aggirasi; ma l’asta dimenando
L’eroe tien lungi la fatal sua sera.
E comparir tremendo ecco d’Aiace650
Il torreggiante scudo, eccolo fermo
Dinanzi a quell’oppresso, e scombuiarsi
Chi qua chi là per lo spavento i Teucri.