Pagina:Iliade (Monti).djvu/301

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290 iliade v.1028

Di Menézio i precetti, onde il buon veglio
T’accompagnava il giorno che da Ftia
Ti spediva all’Atride Agamennóne.1030
Fummo presenti, e gli ascoltammo interi
Il divo Ulisse ed io Nestorre, entrambi
Al regal tetto di Peléo venuti
A far eletta di guerrieri achei.
Ivi l’eroe Menézio e te vedemmo1035
D’Achille al fianco. Il cavalier Peléo,
Venerando vegliardo, entro il cortile
Al fulminante Giove ardea le pingui
Cosce d’un tauro, e sull’ardenti fibre
Negro vino da nappo aureo versava.1040
Voi vi stavate preparando entrambi
Le sacre carni, e noi giungemmo in quella
Sul limitar. Stupì, levossi Achille,
Per man ne prese, e n’introdusse, in seggio
Ne collocò, ne pose innanzi i doni1045
Che il santo dritto dell’ospizio chiede.
Ristorati di cibo e di bevanda,
Io parlai primamente, e v’esortava
L’uno e l’altro a seguirne; e il bramavate
Voi fortemente. E quai de’ due canuti1050
Fûro allora i conforti? Al figlio Achille
Raccomandò Peléo l’oprar mai sempre
Da prode, e a tutti di valor star sopra.
Ma volto a te l’Attóride Menézio,
Figlio, il vecchio dicea, ti vince Achille1055
Di sangue, e tu lui d’anni; egli di forza,
Tu di consiglio. Con prudenti avvisi
Dunque il governa e l’ammonisci, e all’uopo
T’obbedirà. Tal era il suo precetto;
Tu l’obblïasti. Or via, l’adempi adesso,1060
Parla all’amico bellicoso, e tenta