Pagina:Iliade (Monti).djvu/438

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v.659 libro decimosesto 105

Trapassò l’anguinaglia, e lo distese.
Mosse secondo Sarpedonte, e in fallo660
La grand’asta vibrò, che trasvolando
La destra spalla a Pédaso trafisse.
Si riversò sbuffando in su l’arena
Il trafitto cavallo, e dal ferino
Petto l’alma si sciolse gemebonda.665
Visto il compagno corridor disteso
Gli altri due costernârsi, e a calci, a salti
Diersi; il timone cigolò; confuse
Implicârsi le briglie. Ma riparo
L’intrepido vi mise Automedonte,670
Che rapido insorgendo, e via dal fianco
Sguäinata la lunga acuta spada
Tagliò netto al giacente le tirelle,
E fu l’opra d’un punto. Entrambi allora
Rassettârsi i corsieri, e raddrizzârsi675
Al cenno della briglia obbedïenti.
   E qui di nuovo alla crudel tenzone
Si spinsero i campioni, e pur di nuovo
Errò dell’asta Sarpedonte il tiro,
Che via sovresso l’omero sinistro680
Di Patroclo trascorse e non l’offese.
Gli fe’ risposta il Tessalo, nè vano
Il suo telo volò, chè dove è cinto
Da’ suoi ripari il cor gli aperse il petto.
   Qual rovina una quercia o pioppo o pino685
Cui sul monte tagliò con affilata
Bipenne il fabbro a nautico bisogno,
Tal Sarpedonte rovinò. Giacea
Steso innanzi alla biga, e colle mani
Ghermía la polve del suo sangue rossa,690
E fremendo gemea pari a superbo
Tauro, onor dell’armento e d’aureo pelo,