Pagina:Iliade (Monti).djvu/501

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168 iliade v.490

Si volse e disse: Veneranda Giuno,490
Ecco pieni alla fine i tuoi desiri;
Ecco all’armi tornato il grande Achille.
Di te nacque, cred’io, (cotanto l’ami)
L’argiva gente. - E Giuno a lui: Che parli,
Tremendo figlio di Saturno? All’uomo495
Povero d’alma e di consigli è dato
Il dannaggio tramar del suo simíle;
Ed io che incedo degli Dei reina,
Perchè saturnia prole e perchè sposa
Son dell’alto de’ numi imperadore,500
Contra i Troiani co’ Troiani irata
Macchinar qualche offesa io non dovea?
Mentre seguían tra lor queste contese,
Teti agli alberghi di Vulcan pervenne;
Stellati eterni rilucenti alberghi,505
Fra i celesti i più belli, e dallo stesso
Vulcan costrutti di massiccio bronzo.
Tutto in sudor trovollo affaccendato
De’ mantici al lavoro. Avea per mano
Dieci tripodi e dieci, adornamento510
Di palagio regal. Sopposte a tutti
D’oro avea le rotelle, onde ne gisse
Da sè ciascuno all’assemblea de’ numi,
E da sè ne tornasse onde si tolse:
Maraviglia a vederli! Omai compiuto515
L’ammirando lavor, solo restava
Ch’ei v’adattasse le polite orecchie,
E appunto all’uopo n’aguzzava i chiovi.
Mentre venía tai cose elaborando
Con egregio artificio, entro la soglia520
L’alma Teti mettea l’argenteo piede.
La vide, e le si fe’ Cárite incontro
Ornata il capo d’eleganti bende,