Pagina:Iliade (Monti).djvu/653

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320 iliade v.896

Che ritornando dalla pugna empiea
Tutti, un tempo, di gioia i vostri petti.
   Nè verun nè veruna a questo annunzio
Nella cittade si restò, ma tutti
D’intollerando duolo il cuor compresi900
Si versâr dalle porte, e fersi incontro
Al lugubre convoglio. Ivi primiere
Lacerandosi i crini la diletta
Sposa e l’augusta genitrice al carro
S’avventâr furïose, e sull’amata905
Pallida fronte abbandonâr le bocche,
Tutta dintorno piangendo la turba.
E le lagrime, i gemiti, le grida
Sul deplorato Ettorre avrían l’intero
Giorno consunto su le meste porte,910
Se Prïamo dal cocchio all’inondante
Turba rivolto non dicea: Sgombrate
Al carro il varco: pascervi di pianto
Su quel corpo potrete entro la reggia.
   S’aprì la folta, passò il carro, e giunse915
Negl’incliti palagi. Ivi deposto
Il cadavere in regio cataletto,
Il lugubre sovr’esso incominciaro
Inno i cantori de’ lamenti, e al mesto
Canto pietose rispondean le donne:920
Fra cui plorando Andrómaca, e strignendo
D’Ettore il capo fra le bianche braccia,
Fe’ primiera sonar queste querele:
   Eccoti spento, o mio consorte, e spento
Sul fior degli anni! e vedova me lasci925
Nella tua reggia, ed orfanello il figlio
Di sventurato amor misero frutto,
Bambino ancora, e senza pur la speme
Che pubertade la sua guancia infiori.