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68 ILIADE 259-288

giú su le fertili zolle del suolo balzaron dal cocchio,
260e fra i Troiani e gli Achei schierati, si mossero. E primo
surse Agamènnone re, signore di genti: secondo,
Ulisse, il molto scaltro. Gli araldi poi, giovani belli,
portarono pei Numi le vittime sacre, ed il vino
entro il cratere temprarono, ai re dieder l’acqua alle mani.
265Il breve ferro poi l’Atríde snudò, che al suo fianco,
presso alla gran guaina recare solea della spada,
e ciuffi dalle teste tagliò degli agnelli: gli araldi
li compartirono a quanti prenci erano, Achivi o Troiani.
Poscia le mani alzò, levò preci solenni l’Atríde:
270«Giove, supremo padre, possente, che regni dall’Ida,
e tu, Sole, che scorgi, che odi ogni cosa nel mondo,
o Fiumi, o Terra, e voi, che, sotto la terra, giudizio
fate degli uomini spenti, se alcuno mai franto abbia un giuro,
voi testimóni siate, custodi dei patti solenni.
275Se morte a Menelao darà nella pugna Alessandro,
Elena egli abbia, ed abbia con Elena tutti i suoi beni;
e noi sopra le navi faremo ritorno alla patria.
Se invece Menelao chioma bionda trafigga Alessandro,
Elena allora i Troiani ci rendano, e tutti i suoi beni,
280e paghino un’ammenda, qual sembri adeguata, agli Argivi,
tale che poi favellare ne debban le genti venture.
Ché, se Priamo poi ricusi, o di Priamo i figli,
ove Alessandro sia caduto, sborsar tale ammenda,
allora anch’io vorrò combatter per questo riscatto,
285qui rimanendo, sinché non giunga al suo termin la guerra».
 Disse. E col bronzo spietato la gola tagliò degli agnelli,
e li depose a terra, che davano gli ultimi guizzi,
già della vita privi: ché il bronzo li aveva fiaccati.