Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/172

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529-558 CANTO V 117

Resta piú spesso salvo che ucciso, chi bada all’onore;
530non hanno invece onore, non hanno riparo, i fuggiaschi!»
     Disse. E la lancia scagliò veloce; e colpí, fra le schiere
prime, un compagno d’Enèa magnanimo, Deïcoonte
figlio di Pèrgaso, a cui rendevano onore i Troiani
come di Priamo ai figli: ché in guerra ei correva tra i primi.
535Lui nello scudo colpí con l’asta Agamènnone prode:
né resiste’ lo scudo; e il ferro, passando fuor fuori,
traverso la cintura, s’immerse nel basso del ventre.
Diede, cadendo, un gran tonfo, su lui rintronarono l’armi.
     Ed a sua volta Enèa trafisse due Dànai prodi,
540Crètone, e Orsíloco, i due figliuoli di Díocle. Il padre
loro abitava in Fere, città dalle solide case,
ricco di molti beni, disceso per sangue dal fiume
Alfeo, che largo scorre dei Pili traverso la terra.
Questi ad Orsíloco, re di popoli fitti, die’ vita:
545Orsíloco die’ vita a Díocle, cuore gagliardo;
Díocle, infine, fu genitore dei figli gemelli
Crètone e Orsíloco, entrambi maestri in ogni ordin di pugne.
Sopra le nere navi, nel primo fiorire degli anni,
seguiti aveano ad Ilio dai vaghi puledri gli Argivi,
550perché vendetta avesse l’onor d’Agamènnone Atríde,
di Menelao; ma entrambi li colse il destino di morte.
Simili a due leoni, che sopra la cima d’un monte
nutrí la madre, e dentro le macchie piú fitte del bosco,
preda facendo entrambi di bovi e di floride greggi,
555devastano le stalle, finché per le mani essi pure
cadono dei pastori, colpiti dal bronzo affilato:
cosí, sotto le mani prostrati del figlio d’Anchise.
caddero l’uno e l’altro, che parvero altissimi abeti.