Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/210

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50-79 CANTO VII 155

50ed il piú prode invita dei loro, che teco s’azzuffi
da solo a solo, provi le forze nell’aspro cimento:
poi che destino non è che tu muoia ancora e soccomba:
la voce a me lo disse dei Numi che vivono eterni».
     Ettore, a queste parole, pervaso di gioia profonda,
55tra le falangi balzò dei guerrieri troiani, a frenarli,
la lancia a mezzo pugno stringendo; e ristettero tutti.
Anche Agamènnone, allora, le schiere frenò degli Achivi.
E Atena allora, e Apollo, signore dall’arco d’argento,
assunsero la forma di vúlturi alati, e del faggio
60sacro all’egíoco Giove posâr su l’altissima vetta,
mirando con diletto le schiere. E posavan le schiere,
fitte, con lucidi guizzi di scudi, di lance, d’elmetti.
Come allorché sul mare di Zefiro un brivido corre
sorto da poco, e negri sotto esso divengono i flutti,
65cosí nella pianura le schiere d’Achivi e Troiani
stavano; ed Ettore, in mezzo, cosí cominciava a parlare:
     «Datemi ascolto, Troiani, e Achei da le belle gambiere,
sí ch’io vi dica quello che il cuor mi consiglia nel seno.
Giove, l’eccelso re, vietò che tenessimo i giuri,
70e gli uni e gli altri pose, con animo infesto, al cimento,
sinché di Troia voi le solide torri prendiate,
o siate voi domati vicino alle rapide navi.
Ma i primi son tra voi campioni di tutta l’Acaia.
Ora, se alcuno di questi lo spinge il suo cuore a battaglia,
75venga, e l’eletto sia fra tutti, contro Ettore forte.
Questo io vi dico; e sia Giove re testimonio ad entrambi:
se quegli a me la morte darà con la spada affilata,
faccia dell’armi preda, le porti alle concave navi,
e in Troia il corpo mio di nuovo rimandi, e i Troiani