Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/242

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400-429 CANTO VIII 187

410prima, zoppi farò sotto il cocchio i veloci cavalli,
dal seggio abbatterà voi stesse, ed il carro in frantumi;
sicché, neppure quando saranno trascorsi dieci anni,
sane saranno, ove l’abbia la folgore impresse, le piaghe:
ché apprenda tu, se ardisci, col padre, Occhiazzurra, azzuffarti.
415D’Era non tanto si cruccia, né tanto lo provoca a sdegno:
ché sempre contro lui, checché possa dire, la trova;
ma, prepotente, di te, di te, cagna sfacciata, si cruccia,
se tu la lancia tua volessi levar contro Giove!».
     Detto cosí, partiva la Diva dai piedi veloci;
420ed Era allora queste parole rivolse ad Atena:
«Ahimè, figlia di Giove dell’ègida re, non consento
che col Croníde veniamo per causa degli uomini, a lotta.
Di questi viva l’uno, distrugga pur l’altro la morte,
come il destino vuole: comparta ai Troiani e agli Achivi
425come gli detta il cuore, giustizia il Croníde: a lui spetta».
     Detto cosí, voltò di nuovo i corsieri veloci.
Sciolsero l’Ore per lei dal carro i chiomati cavalli,
e li legaron dinanzi le greppie fragranti, ed i carri
alle pareti presso poggiâr, che fulgevano tutte.
430E sopra i seggi, d’oro foggiati, sedetter le Dive,
in mezzo agli altri Numi, col cuore crucciato nel seno.
     E Giove padre, il carro veloce e i cavalli sospinse
dal monte Ida all’Olimpo, pervenne al consesso dei Numi.
A lui disciolse il Nume che scuote la terra i corsieri,
435presso ai pilastri il carro poggiò, la coperta vi stese.
E il Dio voce possente, sul trono foggiato nell’oro
sede’; sotto i suoi piedi l’Olimpo die’ lungo sussulto.
Sole, lontane da Giove, sedevano Era ed Atena,
né a lui parola alcuna volgevano, alcuna domanda.