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409-438 CANTO IX 209

piú non ritornerò, ma sarà la mia gloria immortale;
410se a casa invece torno, se torno alla terra materna,
spenta sarà la mia gloria, ma lunga sarà la mia vita,
né sopra me piomberà veloce il destino di morte.
Ed anche a tutti gli altri vorrei questo mònito dare,
di ritornare in patria, perché non vedrete la fine
415d’Ilio scoscesa: troppo la mano a proteggerla tende
Giove tonante, troppa baldanza animò le sue genti.
Or dunque, voi movete, recate ai sovrani d’Acaia
questo messaggio: poiché tale è degli anziani l’ufficio,
che trovino, pensando, partito migliore di questo,
420che salve ad essi faccia le navi e le turbe d’Acaia
sopra le navi ricurve; poiché non agevole è questo,
ch’ànno pensato, per essi: ché io non desisto dall’ira.
Ma qui, presso di noi, rimanga Fenice a dormire,
e poi meco, dimani, sovresse le concave navi
425torni alla patria, se vuole: ché a forza condurlo non voglio».
     Cosí diceva. E tutti rimasero senza parola,
stupiti ai detti suoi: tanto furono fieri e gagliardi.
Pure, alla fine, il vecchio signor di cavalli Fenice,
disse, piangendo, ché troppo temea per le navi d’Acaia:
430«Se tu davvero fitto ti sei nella mente il ritorno,
fulgido Achille, e non vuoi schermire le navi d’Acaia
dalle voraci fiamme, perché t’arde l’anima d’ira,
come io potrei da te lontano, o figliuolo diletto,
qui rimanere solo? Con te mi mandava Pelèo,
435quel dí che t’inviò da Ftía, per venir con l’Atríde,
ch’eri tuttora fanciullo, che ancor non sapevi le guerre,
né le concioni, dove la fama degli uomini cresce.
Per questo ei m’inviò, perché tutto ciò t’insegnassi:

Omero - Iliade, I - 14