Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/288

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350-378 CANTO X 233

350Ma poi che fu lontano quanto aran del campo in un tratto
due muli, che valenti son piú degli stessi giovenchi
per trascinare il solido aratro nel fondo maggese,
ambi gli corsero dietro. E quegli ristette al rumore,
ché li crede’ compagni, crede’ che del campo troiano
355d’Ettore un ordine a lui recasser, perch’egli tornasse.
Ma quando un trar di lancia vicini gli furono, o meno,
s’accorse ch’eran gente nemica; e a fuggir, le ginocchia
agili volse; ma dietro gli furono súbito quelli.
Come allorché due cani mordaci hanno visto una fiera,
360sia lepre, sia cerbiatto, l’inseguono senza riposo
per la boscaglia, e quella dinanzi si lancia belando:
tali il Tidíde, e Ulisse di rocche eversor, senza tregua
sopra gli stavano, dopo che l’ebber tagliato dal campo.
Ma quando, verso i legni fuggendo, era presso a mischiarsi
365già con le scólte, Atena infuse vigore al Tidíde,
sí che niun degli Achei coperti di bronzo, potesse
prima di lui colpirlo, sí ch’egli restasse secondo.
Alta la lancia librò Dïomede gagliardo, e gli disse:
«O resta, o ch’io la lancia t’avvento; e ti dico di certo
370che tu la mala morte schivar non potrai di mia mano».
     Disse, e la lancia scagliò, ma fallí di proposito il colpo:
sopra la spalla destra volando, la cuspide aguzza
in terra si piantò. Dolone, atterrito, ristette,
la gamba gli mancò, gli batterono i denti, divenne
375verde per lo spavento. Lo aggiunsero quelli ansimanti,
lo preser per le braccia. E disse Dolone, piangendo:
«Vivo pigliatemi, ed io vi sborso il riscatto: ché bronzo
ed oro è in casa mia, con ferro di fine lavoro: