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264 ILIADE 616-645

     Cosí diceva Achille; né sordo fu Pàtroclo ai detti,
e mosse a casa, lungo le tende e le navi d’Acaia.
     Or, poi che del Nelíde raggiunsero quelli la tenda,
scesero giú dal carro sovressa la terra feconda.
620Eurimedonte scudiere disciolse dal carro i cavalli
del vecchio sire; e quelli, lunghessa la spiaggia del mare,
stando alla brezza, il sudore dei manti asciugavano. Entrati
sotto la tenda, gli eroi sederono sopra gli scanni,
e un beveraggio la donna dai riccioli belli, Ecamède
625per essi preparò. D’Arsínoe figlia era quella:
l’ebbe da Tènedo, quando la prese il Pelíde, il vegliardo:
la diêro a lui gli Achei, perché tutti vinceva di senno.
Questa dinanzi a loro la tavola prima depose,
ben levigata, bella, coi piedi di bronzo, e un canestro
630sopra, di bronzo; e in questo, cipolle, che aiutano a bere,
e chiaro miele, e, accanto, farina di sacro frumento,
ed una coppa che aveva portata da casa il vegliardo,
tutta di borchie d’oro cospersa, bellissima; e aveva
quattro anse; e due colombe beccavano intorno a ciascuna,
635d’oro, da entrambi i lati: di sotto era un doppio sostegno.
Altri, quando era colma, l’avrebbe pur mossa a fatica:
Nèstore, senza fatica l’alzava, benché fosse vecchio.
Il beveraggio in quella compose la donna divina:
vino di Pramno v’infuse, con una grattugia di rame
640cacio grattò di capra, cosperse di bianca farina;
e poi che il beveraggio fu pronto, lo porse agli eroi.
E quando ebbero quelli sedata la sete e l’arsura,
scambiando uno con l’altro parole, pigliavan conforto.
Ed ecco, sulla soglia stie’ Pàtroclo, e un Nume pareva.
645Come lo vide il vecchio, balzò su dal lucido trono.