Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/10

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110-139 CANTO XIII 7

110Ebbene, anche se proprio la colpa di tutti i malanni
sopra Agamènnone cade, sul figlio possente d’Atrèo,
perché fece al veloce di Pèleo figlio un oltraggio,
non è concesso a noi per ciò trascurare la guerra.
Su’, procuriamo un rimedio! Sanabile è il cuore dei prodi.
115Bello non è che voi trascuriate la fiera battaglia,
quando i piú forti siete del campo. Non io con un uomo
m’adirerei, che la pugna schivasse, se fosse un vigliacco;
ma pieno è contro voi davvero di sdegno il mio cuore.
O gente frolla, certo farete maggiore il malanno
120con l’indolenza vostra! Su’ presto, pudore e vergogna
riscuota ognuno in cuore: ché fiera è la zuffa impegnata:
Ettore presso le navi combatte, guerriero gagliardo,
prode nell’urlo di guerra, spezzata ha la porta e la sbarra».
     Con tali ordini, dunque, Posídone scosse gli Achivi.
125E si disposero in due falangi vicine ad Aiace,
salde, che, neppur Marte, né Atena che i popoli scuote,
se fosser giunti, opporre potevano biasimo; e l’urto
d’Ettore e dei Troiani, qui scelti attendeano i piú forti,
l’asta assiepando all’asta, lo scudo allo scudo proteso,
130sicché scudo era a scudo puntello, elmo a elmo, uomo ad uomo;
e si toccavan degli elmi criniti le lucide creste,
ad ogni mossa: tanto fitti erano, l’uno su l’altro,
squassate eran le lance sporgenti dai pugni gagliardi,
e d’avanzare brama li ardea, d’appiccare la pugna.
135E contro loro i Troiani cozzarono; ed Ettore primo
correa, simile a masso che rotola giú da una rupe,
cui dalla somma vetta, con impeto d’acque infinito,
spinse un torrente, e i sostegni scalzò dell’immane macigno:
vola a gran balzi in alto, rimbombano sotto le selve,