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126 ILIADE 319-348

offesi da viltà, sarebbero in Ilio tornati,
320e per la forza e il valore, pur contro il volere di Giove,
avrebber gloria avuta gli Argivi. Ma Apollo egli stesso
spinse alla pugna Enèa. L’aspetto del figlio d’Epíto
assunto aveva il Dio, di Perífate mente assennata,
che presso il vecchio padre, facendo l’araldo, invecchiava.
325Simile a questo, Apollo, figliuolo di Giove, gli disse:
«Enèa, come potreste, pur contro il volere di Giove,
salvar l’eccelsa Troia? L’han fatto, e l’ho visto, altre genti,
che nella loro forza fidavan, nel loro coraggio,
e nella copia di genti, pur contro il volere di Giove;
330ed ora vuole Giove che vostra e non già degli Achivi
sia la vittoria; ma voi tremate, ma voi siete imbelli».
     Cosí diceva. Enea conobbe, vedendolo, il Nume,
Febo, che lungi saetta, e ad Ettore disse, gridando:
«Ettore, e voi che Troiani guidate e alleati alla pugna,
335vergogna è questa, se, per la vostra viltà sopraffatti,
tornar dovrete ad Ilio, fugati dai prodi d’Acaia.
Ma ora, uno dei Numi venuto m’è presso, m’ha detto
che in nostro aiuto Giove combatte, il signor dei Celesti.
Contro gli Achei perciò moviamo, né senza contrasto
340possan recare il corpo di Pàtroclo ai concavi legni».
     Disse. E d’un lancio balzò fra quei che pugnavano primi;
e si rivolsero quelli, piantandosi contro gli Achivi.
Qui con la lancia Enea trafisse il figliuol d’Ariobante
di Licomède il fedele compagno, Leòcrito. E grande
345pietà, come lo vide cader, n’ebbe il pro’ Licomede;
e stette presso a lui, scagliò la sua lucida lancia,
e Apísone colpí, sovrano, figliuolo d’Ippàso,
sotto i precordî, nel fegato, e súbito morto lo stese,