Pagina:Iliade (Romagnoli) II.djvu/138

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589-618 CANTO XVII 135

     Disse. Ed avvolto fu quello da un nuvolo negro di cruccio,
590e tra le prime file si spinse, lucente di bronzo.
E allor, l’ègida, tutta guizzante di frange, abbagliante,
prese il Croníde, e ascose fra i nembi la vetta dell’Ida,
e folgorò, levando terribile romba, e la scosse,
e die’ vittoria ai Teucri, gittò negli Achei lo sgomento.
595Primo fuggí Penelèo di Beozia: colpito di lancia
fu ne la spalla, mentre volgeva la fronte al nemico.
Colpíto a sommo fu; ma l’osso pur giunse a scalfirgli
Polidamante: ché questi colpito l’aveva da presso.
Ettore, poi, da presso, nel carpo ferí della mano
600d’Alettrióne magnanimo il figlio. Restò dalla pugna,
quegli, e fuggí, d’attorno volgendo lo sguardo: ché oltre
piú non presunse la lancia tenere, pugnar coi Troiani.
E Idomenèo percosse, mentr’ei s’avventava su Leito,
Ettore nell’usbergo, sul petto, vicino a una mamma;
605ma si spezzò nel puntale la lancia; ed un grido i Troiani
alto levarono. Ed Ettore un colpo contro Idomenèo
Deucalidèo vibrò, mentre egli scendeva dal carro.
Di poco lo sbagliò: colpí lo scudiere e l’auriga
di Merióne, Ceràno. Seguíto l’aveva da Litto:
610ché a piedi egli da prima, lasciate le rapide navi,
era venuto; e dato qui avrebbe alto vanto ai Troiani,
se non spingeva a lui presso Cerano i veloci cavalli.
Come una luce giunse per lui, lo salvò dalla morte;
ma d’Ettore omicida morí sotto il colpo egli stesso:
615di sotto gli colpí la mascella e l’orecchio: la punta
i denti via schizzò, recise nel mezzo la lingua.
Piombò dal carro giú, lasciò a terra cadere le briglie.
E Merióne a terra si chinò, raccolse le briglie